2009 Artribune Magazine #9 permalink: http://www.artribune.com/2012/11/il-prezzo-della-musica/

Il prezzo della musica

Quanto costa un’orchestra sinfonica? Quanto guadagna in media un musicista professionista? Le arti-temporali - musica, poesia, danza - sono soffocate dalla società dell’intrattenimento che, come un iceberg, emerge solo per un sesto, mentre i suoi costi sommersi sono smisurati. A quale prezzo?

Mozart immortale! A te devo tutto, è per te che ho perso il senno, che il mio spirito è stato colpito da meraviglia ed è stato scosso nelle sue profondità; devo a te se non ho trascorso la vita senza che nulla fosse capace di scuotermi.
Søren Kierkegaard

Ricorda che il tempo è denaro”, disse Benjamin Franklin. Molti secoli prima, Seneca scrisse: “Parte del tempo ce lo strappano di mano / parte ce lo sottraggono con delicatezza / e parte scivola via senza che ce ne accorgiamo”. Oggi potremmo chiederci: se non ci fosse più il denaro, che ne sarebbe del tempo?
Il tempo dell’intrattenimento è il tempo ritualizzato del weekend: tempo secolarizzato della preghiera, inizia quando il lavoro è finito, si concepisce come libero ed è scandito dal ritmo del consumo.
Oggi in Italia e in gran parte d’Europa l’offerta dell’industria culturale contemporanea crea una voragine sia sul piano economico – un aperitivo seguito da una cena al ristorante e dal club può rivelarsi un’esperienza economicamente frustrante per molti – sia su quello della scelta e del senso, a causa di un’eccessiva trasparenza tecnologica che uccide la finzione ai danni della realtà. Si parla di cifre enormi, investimenti a basso rischio con strabilianti profitti a lungo termine da un lato e depressione isterica, stagnazione sociale, smarrimento etico. L’esempio dei cinema multisala è emblematico: negli ultimi dieci o quindici anni, in Italia, abbiamo assistito all’estinzione progressiva delle vecchie sale da cinema sul territorio in favore di colossi multifunzionali nelle periferie delle province, vicino a qualche raccordo autostradale, o nel cuore delle città. La funzione sociale del cinema sottolineata con fervore da Benjamin è rimpiazzata da un milkshake e da un posto di lavoro non remunerativo.

L’intrattenimento contemporaneo è, dopo i totalitarismi, l’unico autentico fenomeno di massa del XIX secolo rimasto ancora in piedi, come ombra ideologica della democrazia, e probabilmente la distrazione innocente della famiglia media è, dopo la guerra, il prodotto più costoso della nostra società attuale.
La musica e le arti temporali, anch’esse sono una vittima ricorrente del protagonismo della distrazione. Webern invece pensava che la musica fosse un linguaggio che dà forma a “pensieri musicali”. Mantenere in vita il patrimonio umanistico di un popolo può essere oggi una scelta individuale. Non è facile reperire informazioni pubbliche online sul costo della musica in Italia, Gran Bretagna e in altri paesi dell’UE. Fortunatamente il sito web dell’International Conference of Symphony and Opera Musicians (ICSOM) mette generosamente a disposizione i bilanci di cinquanta importanti orchestre sinfoniche statunitensi. Secondo questi documenti, un musicista al top di questa lista guadagnerebbe circa $ 130.000 su base annua, assicurazione sanitaria, benefit e vacanze inclusi; al fondo la New York City Opera Orchestra, con uno stipendio annuale di circa $ 37.000. Una giornata di prove di 8 ore, moltiplicate per 100 elementi, costerebbe in media $ 50.000. Un’orchestra famosa come la Berliner Philarmoniker – secondo quanto riportato da Kenneth Walton su Scotsman – costava nel 2009 £ 120.000 a concerto.

I biglietti per un concerto sinfonico si aggirano sui 30-40 euro, con variazioni considerevoli a seconda se si tratta di un festival, della stagione concertistica o di un evento a sé. Una spesa relativamente facile da sostenere in cambio della costruzione del senso e della coscienza. Ma troppo spesso mancano la forza – la musica antica prevale sulla nuova – e la consapevolezza di questa stessa perdita. Così accade in molte Accademie, in Italia e in Europa. Con la riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore voluta dall’Unione Europea nel 1999, meglio nota come Processo di Bologna, si è voluto puntare tutto sulla formazione analitico-pragmatica dei giovani e sulla connessione diretta degli studi con il mondo del lavoro (che tuttavia oggi non c’è), sacrificando l’idea della persona come essere umano che, innanzitutto, sta alla base del contesto sociale e del lavoro stesso. La musica, come la poesia, è lingua che mette in connessione l’individuo con la coscienza, lo spirito e la bellezza; forma il pensiero attraverso l’ascolto, crea rapporti liberi tra i piani della logica, dell’emozione e della percezione, determina l’universo affettivo. Lasciare scivolare la musica, la filosofia, la poesia e le arti performative nell’edonismo senza sostanza dei titoli e delle apparizioni significa accettare la dialettica dell’intrattenimento, dove il coraggio è conformismo, il potere è banalità, la ricerca citazione, il giudizio un motivo di vergogna.

Se infine volessimo calibrare il fuoco sulla sola produzione e distribuzione di pensieri musicali del nostro tempo, allora i termini di paragone con il colosso dell’entertainment perderebbero qualsiasi possibilità di rapporto. Sul finire del modello economico liberista (christianitas dell’oggi), il problema dei soldi pone tutti di fronte al problema del tempo; è un’occasione, ma si preferisce perdere la voce.

 

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9

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